Omologazione non richiesta

La pagina deve essere bianca e il segno scuro. L'idea deve contenere un sogno che sconfini nella passione, la memoria deve avere il coraggio di esistere. Il blogger deve credere di possedere la scrittura: solo così i segni sulla pagina vivranno più a lungo di lui.

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Località: Sicilia, Italy

Scrissi molto e a lungo. Inutilmente poi ho atteso risposte che non arriveranno mai. Scrivo ancora per ricordarmi d’esistere e fermare il suo sapore. Ho deciso di lasciare visibili tutti i commenti, sono parte del blog.Non riuscirò mai a conciliare l’inconciliabile e non c’è più tempo comunque: attraversare tante vite e tanti territori mi ha arricchito e spogliato allo stesso tempo ed io sono siciliano, quando rido ho dietro l’ombra della morte e dell’inutilità, se piango lo faccio di nascosto davanti al mare, l’unico interlocutore assoluto che conosco. Sono figlio dell’ alta borghesia colta palermitana, cresciuto a pane e letteratura, ad urla e silenzi, a scirocco e nebbie lombarde, a Mozart e beat generation: per lungo tempo ho creduto che fosse possibile vivere tutte queste sinapsisenza strappare la tela della mia vita. E’ una menzogna. OMOLOGAZIONE NACQUE NEL 2008 questa era il suo incipit e questo il suo template originale. Resterà tale, è una questione di affetto.

lunedì 18 agosto 2025

SACCU VACANTI NUN PO' STARI ADDRITTA. Si può scrivere solo in siciliano.

Abbiamo fatto una gita o ”nisciuta” che dir si voglia: probabilmente la prima di questa estate babba e distratta. Il resoconto mi vinni accussì, veritiero e sbrigativo ma rileggendolo ancora rido. Nonostante la quantità vergognosa di cibo ingurgitato e di vino bevuto, siamo tornati sani e salvi e, soprattutto, riconciliati con la vita. Quanto durerà? La decisione si pigliò per caso: prima eravamo solo due coppie poi, non si sa come, si junceru Gigi e Gaetano e, cosa ancora chiù strana, Claudio e Marco (i miei ragazzi) con Marina e Peppe. U cavuru era già bastevole ‘nta matinata e lasciava prevedere un pregevole forno verso mezzjorno, quindi decisione presa: verso le montagne! Ca poi, chi più chi meno, eravamo tutti su una media di una trentina di bagni a testa, per questo non interessava a nessuno di aggiungerne un altro alla lista. Dalle parti di Enna, Gigi ni dissi che lui si voleva fumari na sigaretta, noi gli abbiamo comunicato che si putiva lassarlo docu unni era, dalle parti di Tre Monzelli e si doveva puri arriminari in fretta per non far uscire l’aria condizionata mentre usciva lui dall’auto. Pari ca pure nell’autra machina Peppe ci abbia provato: infine, presi da pena per tali viziosi, a quarchiduno ci vinni di pisciari e la fermata servì per ambedue le necessità. Ammia e a Marina spuntarono brillanti teorie sul vizio del fumo e sulla schiavitù da tabacco: ognuno dissi la sua fissaria quotidiana e, alla fine, Gigi imitando Fiorello che imita Camilleri ci ha mandato simpaticamente affanculo. Non posso dirvi che benedizione ci è sembrata u friscu di una pinnata di rampicanti davanti alla trattoria di Salvatore verso mezzjorno, una volta arrivati al paese aggrappato in cielu a quasi 1200 metri sulle Madonie. L’ombra ci ha rilassato e unito in tante chiacchiere e risati; all’aperto chi fumare voleva fumò senza scassare i cabbasisi a nessuno. Agli antipasti la discussione verteva sulla questioni Tibet- Cina- sport e mondiali di nuoto: ma il primo litrozzo di rosso fresco e rubinoso ha deteriorato la qualità del discorso che dopo 2 minuti ha sentito la frase entusiastica di Peppe: “Signori, ma voi avete visto chi razza di magnifiche minne ha la Pellegrini?” Frase accolta da commenti smozzicati e risatine da parte della gioventù e da affermazioni convinte di porchitudine da parte di Anna e Marina. Gigi per fortuna ha evitato velenose sequele con una frase storica: “I cosi belli s’anno a taliari” e tutto è stato cancellato da una provola e un salame nostrano squisiti, seguiti da pomodori secchi fatti in casa, aulive bianche e nivure e cipudde in agrodolce. Ciò ha innalzato il tono del nostro parlare che ha toccato livelli, pregevoli quando io affermai con vigore che bisogna abbattiri tutti gli imperialismi…peccato che immediatamente dopo arrivò la caponatina seguita da una frittata cavura cavura di ricotta con foglioline di menta la quali distrasse tutti i miei ascoltatori. In tutta sincerità vi confesso che ho preferito sospendere temporaneamente la mia allocuzione in quantochè i picciotti, le signore e quei gran cornuti dei miei amici si erano buttati sul mangiari con una foga ca parivano dijuni di dui o tri misi: diventava necessario adeguarsi per non morire…di fame. Ai funghi arrosto e alle mulinciani grigliate nisciu fora Berlusconi, Bossi e compagnia bella; ma picca durarono sommersi da ruttini, frizzi, lazzi e gestacci vari, però dovete considerare che nel mentre la seconda bottiglia di rosso era morta prosciugata. Taliannu tornu tornu scoprii con orrore che anche la gioventù, mal controllata, si era data da fare e Marco il quindicenne rideva solo solo e Claudio guardava da un’altra parte. Quando arrivò la richiesta su quali primi desiderassimo Anna, unica persona seria, ci fici ossirvari che già c’eravamo calati ‘na cona, l’equivalente di almeno due pasti normali…e aveva ragione ma il solo nome di pasta di casa col sugo di ragù di carne di maiale fu un colpo mortale per le nostre deboli personalità. Nell’attesa, mentre qualcuno cercava di fare scarpetta nell’olio di oliva degli antipasti e veniva fustigato a sangue per la sua ingordigia (non vi dirò mai chi era) le nostre fertili menti ricominciarono a lavorare : aneddoti, memorie e racconti, il territorio perfetto per Gigi che con faccia tosta assoluta ci contò per la quinta volta di quando all’università…di quando il padre di Carmela lo sorprese…e quando lui riuscì a portare a riva quel sarago che aveva abboccato alla mia lenza (io sempre cretino sono) e poi la sera, tornando, la cinquecento fece 35 al litro!!! La gioventù lo ha taliato ammirata segno evidente di ubriachezza, le ragazze hanno riso divertite picchì “sunnu tutte minchiati ma li cunti accussì bene…” La fetta maschile non dissi una parola, poi arrivò la pasta in versione prima u ciauru poi il colore infine la panza: nel silenzio il rumor di mascelle era l’unico avvertibile. Da lì a seguire non ho più le idee molto chiare: solo qualche brandello di memoria confuso assieme alle parole: le risate, la sasizza, le costate, le puntine di maiale e le patate al forno… forse i pipi arrosto? Sicuramente i dolcetti di mandorla e la granita di limone. La bottiglia di zibibbo di Pantelleria ghiacciato ci ha definitivamente sotterrato, ma credetemi ni chiamò come le sirene di Ulisse e noi persone semplici siamo…non abbiamo resistito. Al paese c’era festa nel pomeriggio ma il gruppo aveva una camminata da ritirata di Russia; solo la chiesa di S. Maria di Loreto, bella e candida come la neve ci ha salvato. Al suo interno un gruppo di miscredenti ha recitato giaculatorie per quasi un’ora godendo del suo fresco e delle sue sedie. In questo modo poi siamo anche riusciti a goderci la festa, i carretti bardati come ai vecchi tempi e gli stendardieri nei costumi tradizionali. Infine? Infine abbiamo atteso che la luce si ammorbidisse in una sera tersa. I ragazzi erano felici…io mi sono un po’ immalinconito: come avrei potuto dir loro di gustare l’eternità di quel momento senza essere “giustiziato” dai loro motti di scherno? Così li ho guardati da lontano, da una lontananza che essi non possono nemmeno immaginare e mi son detto : un’altra svolta, un altro tesoro da conservare. Quando ce ne siamo andati, scendendo nella vallata in macchina, abbiamo cantato. Il suono della gioventù è ineguagliabile. Salutiamo

venerdì 15 agosto 2025

CANTI BAROCCHI - Ferragosto da soli

La grande villa era già sparita da più di ventanni. Le bombe made in USA avevano artigliato anche la zona residenziale di viale della Libertà ma gli inquilini se ne erano andati da molto tempo. La contessa Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangieri di Cutò non avrebbe potuto vivere con la dignità che le competeva in quella Palermo del primo novecento dopo essere stata abbandonata dal marito Giuseppe per una giovane e procace ballerina; lui era fuggito a Sanremo ma la contessa era rimasta a illanguidire tra i ricordi e le angustie di una società in cui lo sfacelo iniziato con l'unità d'Italia e la fine dei Borboni rendeva sempre più lontana la luce che era stata dei Gattopardi di un tempo. 
Aveva più volte confidato alla sorella Beatrice che per lei gli spazi vitali diventavano sempre più angusti e che non intendeva crescere i tre figli in quella condizione. Beatrice le ricordava che per gente come loro (era la madre dello scrittore Tomasi principe di Lampedusa) la città, per quanto degradata, restava pur sempre l'unico luogo in cui abitare...a meno che non ci fosse l'alternativa anche economica di migrare in altri luoghi dell'Europa che contava. I tre figli erano una cerchia protettiva, un patrimonio, l'unico, che esulava da tutto il resto. Lucio era il minore, timido e introverso coltivava già da allora molti interessi letterari e musicali: le sue pagelle al liceo Garibaldi parlavano chiaro, i voti altissimi (molto rari a quei tempi) in greco e latino erano testimonianza di un intelletto avido di conoscenza e lucido nella sua capacità espressiva. Ma era il carattere a limitarne gli effetti e forse anche una certa sudditanza psicologica verso la madre, sudditanza terminata solo con la morte di lei. L'ambiente sociale della nobiltà palermitana di quegli anni era ridotto come numero ma elevato nei suoi interessi, Il circolo Bellini possedeva un tenore culturale di grande spessore e l'adolescente Lucio vi era già conosciuto come "il musicista filosofo". Il circolo aveva tra i suoi frequentatori anche Tomasi che spesso si divertiva a prendere in giro il cugino che certamente era un pedantissimo e ricercatissimo compositore e il Tomasi amava schernirlo con la frase " mio cugino compone una biscroma al giorno". In Sicilia l'elitarismo si pasce dell'apparente mediocrità umana circostante, ma è un'illusione fascinosa, la letteratura dei siciliani è sempre stata europea perchè "europee" e vaste sono sempre state le loro biblioteche. Ma niente potrà mai spiegare la cifra esistenziale della famiglia Piccolo che agli inizi degli anni 30 decise di "sparire" dal mondo cittadino e esiliarsi nella villa di campagna di Capo D'Orlando. Lucio a quell'epoca aveva 31 anni. Se esiste uno stereotipo sulla Sicilia quello gattopardesco è senza dubbio il più "nobile" e ricercato, è anche il più sciocco e inadeguato; la Sicilia colta e profonda è sempre vissuta lontano dai salotti e dalle ricercatezze formali. Tomasi, cugino di Lucio, ebbe una gran fama postuma per il romanzo che incastonava in un diadema perfetto la vita e l'amore, la storia e la politica, il fisico e il metafisico, una gloria inutile per l'autore e giunta in ritardo. Molte delle pagine del Gattopardo, furono riviste e completate a Villa Piccolo, si vociferò a lungo di alcuni asprezze tra i due cugini nate da contese letterarie. Il romanzo di Lampedusa nasceva al sole infuocato e assorto di un meridione antico, la poetica di Lucio Piccolo invece viveva nella penombra di una sera incipiente o di un'alba sospesa. Lucio è ancora un poeta clandestino, le sue opere viaggiano tra le mani di pochi, la sua scrittura è lontana anni luce dalle frodi editoriali e commerciali. Che importa? Gli anni dell'adolescenza e della gioventù a immergersi nel grande fiume della cultura e letteratura europea, un istinto precoce e onnivoro verso l'espressione letteraria. Poi il silenzio...la natura come unica interlocutrice e il grande abbraccio della solitudine. Ancora una volta mi rendo conto di quanto io sia inappropriato a svolgere recensioni letterarie in senso stretto, quanto sia incapace a sovrapporre la mia voce a quella di un altro: 
«I giorni della luce fragile, i giorni / che restarono presi ad uno scrollo / fresco di rami… / oh non li ri­chiamare, non li muovere, / anche il soffio più timido è violenza / che li frastorna… ». 
“La casa era quieta, il resto del mondo lontanissimo. Fu così che mi resi conto come per villa Piccolo passasse un meridiano come a Greenwich il meridiano della solitudine “. Ebbe a scrivere qualcuno sul mondo della villa. 
" Se noi siamo figure di specchio che un soffio conduce senza spessore né suono pure il mondo dintorno non è fermo ma scorrente parete dipinta, ingannevole gioco, equivoco d’ombre e barbagli, di forme che chiamano e negano un senso – simile all’interno schermo, al turbinio che ci prende se gli occhi chiudiamo, perenne vorticare in frantumi veloci, riflessi, barlumi di vita o di sogno – e noi trascorriamo inerti spoglie d’attimo in attimo, di flutto in flutto senza che ci fermi il giorno che sale o la luce che squadra le cose". Da Gioco a nascondere. 
Infine andare a Villa Piccolo, da soli e senza altri interlocutori che non la propria coscienza e sensibilità, andarvi e rileggere «Così prendi il cammino del monte: quando non / sia giornata che tiri tramontana ai naviganti, / ma dall’opposta banda dove i monti s’oscurano in gola / e sono venendo il tempo le pasque di granato e d’argento…». Da Plumelia. 
Poichè il Sud sta stretto dentro i normali abiti letterari e la cifra interpretativa può nascere solo dalla comprensione intima della sua terra.